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Commenti al testo di Antonio Terracciano
I nuovi alchimisti

Sei nella sezione Commenti
 

 Franca Colozzo - 25/03/2019 19:37:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Caro Antonio,innanzitutto in quello che sto facendo in questo periodo non c’è niente di lodevole, a parte lo scambio poetico, se non rotture di scatole continue da parte di gente straniera che crede che l’Italia sia la terra promessa, approdo di tutti i sogni. Continuo a dire che non risponde assolutamente a verità e che, mai come oggi, noi italiani siamo allo sbando in ogni campo. Se ci aggiungiamo pure la poesia, dobbiamo mollare gli ormeggi e veleggiare verso altri lidi!
Non ho nulla di personale nei tuoi confronti ed apprezzo molto sia i tuoi sonetti che quelli di Lorenzo, ma è da un po’ di tempo che non si parla d’altro su questo sito. Sonetto sì, sonetto no...
Ho solo voluto precisare che, volenti o nolenti, nel mondo si parla inglese e con questa lingua ormai dobbiamo fare i conti e non chiuderci nell’orticello di casa. Un po’ come accadde per il latino che i Barbari furono costretti ad imparare per comunicare con i Romani. Poi, il mondo si è globalizzato con tutti i problemi che la globalizzazione comporta (spesso negativi) e la comunicazione è diventata istantanea. Non possiamo non tener conto di ciò e chiuderci comodamente nella nostra torre eburnea.
La rima, il sonetto, la metrica sono un patrimonio della cultura italiana e non vanno buttati alle ortiche, ma ciò non toglie che la poesia si stia muovendo verso direzioni sempre più libere da schemi. Ho dibattuto la questione proprio ieri sul blog di poesia, CREATIVE VISIONARY POD (Linkedin), e con il poeta indiano che mi ha fatto la proposta di pubblicare insieme a lui un’antologia. Sarà per me un’esperienza come un’altra e non me la credo per questo. I premi e gli allori sono attribuiti dai posteri. Io scrivo solo per diletto e non credo nemmeno più nella "Gloria Mundi", effimera e passeggera come ogni cosa terrena. Il pasto dell’anima sono la poesia e le arti, soprattutto la musica che rispecchia i numeri e le frequenze delle onde elettro-magnetiche dell’universo.
Lascia perdere i siti francesi e spagnoli, di matrice latina, liberatisi anch’essi di recente da rigide sovrastrutture. Ho constatato che gli inglesi e gli americani hanno quasi del tutto abbandonato la rima. E poi rima o non, la poesia che scaturisce spontaneamente dall’anima è quella vera, anche se può non piacere a tutti.
Sono addivenuta a queste mie ultime considerazioni dopo essermi a lungo arrovellata la mente, scrivendo anche saggi, aforismi e pensieri, così ho dissolto i miei dubbi anche attraverso il riscontro con altri. Purtroppo per diventare patrimonio globale (è avvenuto persino per Dante), le poesie vanno tradotte in inglese ed in quel passaggio si perde la rima. Il fenomeno della colonizzazione inglese ha imposto in maniera coatta per la comunicazione quella lingua.
La Ferrari, il cibo, l’abbigliamento, l’arredamento, etc. sono oggetti e si apprezzano a vista d’occhio; il linguaggio è un tramite tra trasmittente e ricevente e rientra in categorie diverse.
Non voglio addentrarmi nell’ambito della fonetica linguistica e delle differenze tra varie lingue, perché ci vorrebbe un trattato.
Alla fine, si sa, ognuno rimane con le proprie idee, come sosteneva in un suo aforisma (cancellato) il tuo omonimo Giuseppe Terracciano. Buona serata senza Amen.

 Antonio Terracciano - 25/03/2019 13:11:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Non amo commentare le mie stesse poesie, ma talvolta ciò diventa necessario. Ho l’impressione che Franca Colozzo, presa da tanti lodevoli impegni, a volte non si soffermi adeguatamente nella lettura delle (mie) poesie (invece scrivere, ma anche leggere una poesia, non è forse un tentativo di fermare il tempo? ) Ho scritto questo lavoro in forma di sonetto, ma non per difendere il sonetto, e neppure la rima, bensì tutte le poesie valide, avvicinabili all’oro anche se scritte in stili ben diversi: certi critici, invece (erano loro il mio bersaglio) , per motivi vari (di amicizia, di guadagno... ), a volte fanno elogi sperticati di testi francamente prosastici, o di poesie ermetiche usando un linguaggio ancora più ermetico... E’ verissimo che il piedistallo non ce lo costruiamo da soli, ma più che il mondo (che lo fa provvisorio e instabile, legato appunto alla propaganda interessata) , lo edifica il tempo. Per quanto riguarda la rima, poi, non credo che siamo solo noi italiani a usarla (sarebbe troppo onore per me, per Lorenzo e per pochi altri... ) , perché un tempo frequentavo anche un sito francese ed uno spagnolo, dove le poesie contemporanee in rima abbondavano... E poi, anche se fossimo solo noi italiani, tanto più dovremmo curarla, per non far correre il rischio, ad eventuali stranieri che volessero impararla, di trovare da noi un desolante vuoto (come quella volta, negli anni Settanta, che un gruppo di giapponesi venne apposta a Napoli per imparare a suonare il mandolino, e non trovò neppure un maestro! ) Teniamo alto il vessillo delle cose che sappiamo fare meglio degli altri: il cibo, l’abbigliamento, la Ferrari e... la rima (perché no, pure la rima) ! Credo pertanto che, anche se, ripeto, non era questo l’argomento della mia modesta poesia, quell’ "amen" finale sia alquanto inadeguato.

 Franca Colozzo - 24/03/2019 23:03:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Il piedistallo non è quello che ci facciamo da soli, ma quello che gli altri (ovvero il mondo) decretano sia tale.
Purtroppo degli antichi è rimasto il greco o il latino per ovvi motivi, anche se probabilmente i barbari erano più bravi ancora di tanti eccelsi poeti a noi noti.
Sta di fatto che, come per la storia, vale la regola che sul carro dei vincitori salgono quelli che sanno propagandare il loro messaggio.
Lo so, mi parlerete di Dante, ma è stato tradotto in tante lingue e, non solo lui. Il mondo intero (scrivo sul Blog di Linkedin: "Creative Visionary POD", invitata dalla poetessa Filza Chaudry) parla inglese, così come nell’antico impero romano la lingua ufficiale era il latino, e che, al di là di ciò, non scrive per nulla in rima.
Sarà un caso, ma sono stata invitata da un poeta indiano, considerato uno dei 500 maggiori poeti al mondo, Sudhendu Kar, a pubblicare insieme un’antologia di poesie.
Per dirla in breve, sono giunta alla conclusione, dopo tanti ragionamenti e confronti sul campo globale, che siamo solo noi italiani a credere nella rima. Amen.

 Antonio Terracciano - 24/03/2019 21:01:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Dopo aver ringraziato Lorenzo per la difesa della mia poesia (condivido tutto il suo ragionamento), mi addentro nella chimica con Ferdinando, e gli dico che il ferro può essere senz’altro più utile dell’oro, però nessuno (o solo un alchimista) lo venderebbe per oro... Mi sono poi arrovellato per cercare di capire dove stava l’assonanza invece della rima, e sono giunto alla conclusione (posso avere sbagliato) che Ferdinando l’ha trovata nella parola "specie" (vedendo quella "i" ) . Ho dedotto (forse sbagliando ancora) che Ferdinando (come me, del resto) è meridionale, e quindi abituato a pronunciare la "i" di "specie" , come quella di "cielo" , ecc. Se si pronunciasse, ci sarebbe assonanza, ma essa non si pronuncia in italiano, e pertanto "specie" fa una rima perfetta con "fece" e con "invece" (i fonemi sono uguali, i grafemi diversi, ma ciò è permesso, perché l’armonia nasce dalla poesia letta, anche solo mentalmente) .

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 Ferdinando Battaglia - 24/03/2019 14:03:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Però, dimmi Antonio: se dell’oro e del vil metallo conosciamo l’oggettiva fattura di composizione ovvero la chimica che tale li rende, cioè l’uno sicché è oro e l’altro magari ferro, quali sono le caratteristiche altrettanto scientificamente osservate e riconosciute, sì tale da poter sostenere il contenuto del tuo sonetto? Tale infatti mi sembrerebbe la forma della tua poesia, ancorché non conosco se norma vi sia e come eventualmente regolamenti l’uso di una rima cha appare più simile ad un’assonanza per l’impiego di desinenze simili in suono ma non in fonemi ivi adoperati.